La rigidita' può essere classificata anche in base all’arco di movimento residuo del gomito: minima, ossia quando questo è maggiore di 90° moderata, quando l’arco di movimento residuo è tra 60° e 90° grave, tra 30° e 60° molto grave, quando l’arco è inferiore a 30°.
Per un corretto trattamento della rigidità occorre in primo luogo individuarne tutte le cause attraverso un accurato studio della storia clinica e della documentazione radiologica del paziente. In particolare è necessario ottenere delle radiografie in due proiezioni di buona qualità ed un accurato studio TAC con ricostruzioni bi e tridimensionali. Nei casi in cui l’anatomia articolare risulti conservata (rigidità estrinseca) e la rigidità è moderata e perdura da meno di quattro-sei mesi, è indicato un trattamento non chirurgico attraverso un adeguato programma riabilitativo e l’utilizzo di tutori statici o dinamici.
Nei casi in cui la rigidità estrinseca perduri da più di sei mesi ed appare ormai stabilizzata, è indicato un intervento chirurgico mirato a rimuovere le cause del blocco del movimento (retrazione capsulo legamentosa e le ossificazioni eterotopiche).
L’intervento può essere eseguito per via artroscopica od a cielo aperto (attraverso incisione cutanea estesa) a seconda delle necessità del singolo caso e delle preferenze del chirurgo. Nei casi di rigidità intrinseca, il trattamento conservativo generalmente non è indicato in quanto vi è una distorsione delle superfici articolari che blocca in modo irreversibile il movimento. In questi casi è indicato un intervento a cielo aperto e questo può variare a seconda dei casi. Ad esempio può essere indicato eseguire degli interventi di osteotomia ed osteosintesi, nei casi in cui si deve ripristinare il corretto orientamento delle superfici articolari alterate da una precedente frattura, mentre nei casi più gravi dove tutte le superfici articolari sono gravemente danneggiate e non recuperabili, può essere indicato impiantare una protesi monocompartimentale o totale di gomito.